Rassegna stampa


Le foto dell'inaugurazione

(Ph: Gianni Testa)


La festa dell'8 marzo

(ph: Gianni Testa)


Le donne delle mostre

Una lunga pagina che val la pena... sfogliare

ALESSANDRA

 

Una storia importante … una storia d’amore … una piacevole sensazione interna che travolge l’esistenza. Un amore capace di oltrepassare le difficoltà a cui la vita ti sottopone, il credere che questo sentimento ha la forza di superare tutto e tutti perché è tra due persone vive, che vivono intensamente e che non vogliono rimpiangere di … non aver vissuto! Ma viene un giorno in cui tutto questo si spezza, a volte senza una spiegazione, senza una parola o, forse, per troppe parole non dette! E allora … si cade! Dopo una separazione ci si sente svuotati, affiora un senso di solitudine incolmabile ed il rischio di sprofondare nel dolore si fa alto. 

Non è possibile azzerare in poco tempo anni di condivisione di progetti, di sentimenti e soprattutto di quotidianità. Ricominciare sembra impossibile e le emozioni diventano quasi incontrollabili. 

Ti senti senza speranza, la nuova realtà che hai di fronte appare difficile da sopportare. 

Poi, arriva un momento in cui la speranza di riacquistare fiducia e serenità c'è e deve  iniziare compiendo un percorso interiore che parte dal riconoscimento del proprio stato d'animo. 

Questa presa di coscienza è determinante per uscire da una situazione di stallo, imparare a leggersi dentro ed esternare tutti i sentimenti che crescono incontrollabili e che spesso si cerca di soffocare: rabbia, rancore, paura. Riconoscerli ad uno ad uno, sviscerarne la presenza è un passo importante che porta ad uno stato di benessere interiore. Solo dopo un percorso lungo, faticoso e soprattutto doloroso è possibile rialzarsi … indossare un paio di ali e riprendere quel volo verso il sole che, dopo tanta sofferenza, è ancora più caldo e luminoso! Toccare il fondo … per poi rinascere più splendenti e forti di prima!

 

Alessandra è stata fotografata da Duilio Bellomo


ALICE

 

Siamo Alice, due donne, due amiche, due nemiche, due sentimenti, due caratteri, due umori, due forze, due debolezze, due vite in un unico corpo di donna con la voglia di amarsi, amare ed essere amata... si arriva a toccare il fondo senza più voglia di vivere, poi l'ospedale, la degenza ,una strada tutta in salita, piena di incognite ostacoli e inedie ma la Alice coraggiosa non si da’ per vinta reagisce vive Ama.

La sindrome da microdelezione del cromosoma 22 (sindrome velo-cardio-facciale o sindrome di Di George o 22q11DS) è una malattia rara caratterizzata dalla mancanza di un frammento (delezione) del cromosoma 22 che colpisce circa 1 bambino su 4.000 e che si manifesta con malformazioni cardiache, anomalie del palato, alterazioni del sistema immunitario o del metabolismo e particolari tratti del volto. I bambini che ne sono affetti hanno soprattutto difficoltà a gestire e ad accettare cambiamenti, hanno mutamenti di umore, di comportamento, iperattività o estrema riservatezza, atteggiamenti di chiusura. È quindi essenziale riuscire a costruire un punto di contatto utilizzando il loro linguaggio per avvicinarsi in maniera empatica.

Una vita difficile, da cui si vorrebbe uscire per avere un po’ di normalità, un briciolo di sicurezza. Ma la vita è così, ogni giorno una battaglia da riuscire a vincere.

 

Alice è stata fotografata da Vittorio Brambilla

Maschere di Franz Cancelli


ANNA 

 

Nell’anno 2015 mi venne diagnosticata un’osteomielite (infezione ossea) al piede destro. 

Questa infezione mi ha causato un dolore continuo e lancinante per diversi mesi. Dopo continui tentativi di cure attraverso farmaci e terapie mirate si è giunti alla soluzione estrema e più drastica: l’amputazione dell’avampiede.                                  Nel periodo appena successivo all’operazione, ho giovato finalmente della scomparsa del dolore ma è iniziato anche un difficile percorso di ripresa della vita quotidiana. Il mio obiettivo è stato quella di renderla il più normale possibile. 

Non nascondo che siano stati mesi travagliati, pieni di incertezze e disagi nel confrontarmi con questa nuova situazione. A distanza di alcuni anni, posso dire che, grazie al sostegno delle persone a me più prossime e alla forza d’animo e di non scoraggiamenti che ho trovato inaspettatamente in me, sono riuscita a creare in me attorno a me un nuovo equilibrio ed una nuova “vita”, dove non si pensa più costantemente a ciò che si è perso o non si ha, ma si ama e si stringe, forse anche tenacemente, tutto ciò che già si possiede e non ci si rende conto di avere perché dati per scontato 

 

Anna è stata fotografata da Lino Beltrame


CHIARA

 

Fin da piccola sono stata molto solare, sveglia e intelligente, e ho avuto una grande inclinazione all’ascolto empatico dell’altro. Io, Chiara Schiroli, non vedente dalla nascita, ero l’unica cieca in una compagnia di vedenti e mi faceva sentire bene il fatto che, al di là della mia evidente disabilità, le amiche anche più grandi mi cercassero per sfogarsi e ricevere consigli. Alla fine del triennio alle scuole medie sapevo già cos’avrei voluto fare da grande ed è per questo che ho scelto di frequentare il liceo sociopsicopedagogico. Durante l’università sentii il bisogno di comprendere le difficoltà di chi stava vivendo una situazione simile alla mia. Fu allora che iniziai a lavorare per Dialogo nel Buio, mostra che fa entrare i visitatori in ambienti oscurati per permettere loro di usare in modo diverso i sensi extravisivi. Qui ho imparato molto dai miei colleghi ciechi ed ipovedenti e ho conosciuto quello che poi è diventato mio marito, anche lui non vedente. Adesso abbiamo una casa che gestiamo in totale autonomia. Dopo molti anni di studio e lavoro ho finalmente realizzato il mio sogno: diventare una psicoterapeuta ad indirizzo psicosomatico e aprirmi uno studio privato a Treviglio. La mia disabilità mi permette di dare ascolto a mente e corpo a 360 gradi e ho trovato nelle tecniche di ascolto di se stessi il mio habitat naturale, e lo strumento attraverso il quale aiuto le persone ad entrare in contatto con le proprie emozioni e i messaggi che ci manda il corpo, per avviare il processo di guarigione psichica.

 

Chiara è stata fotografata da Beppe Maridati


CRISTINA

 

Per conoscere Cristina dobbiamo andare oltre l’ apparenza. La sua disponibilità al confronto e la sua simpatia potrebbero distrarci. Impegno e sacrificio sono gli argini entro cui scorre il lavoro giornaliero delle donne. Argini che si fanno sempre più stretti quando ci si imbatte in una patologia avversa e con la quale si dovrà convivere per sempre. Allora la  capacità di rispondere alla vita si fa più intensa e profonda.

Nel caso di Cristina questo passaggio nel superamento della malattia si è concretizzato nell’assunzione di nuove responsabilità nell’associazionismo, nella politica amministrativa locale e nella conclusione degli studi universitari. 

Non poco per una mamma che deve accudire una famiglia di cinque persone.

La scritta che campeggia nella sua cucina "Cucinare è come amare: o ci si abbandona completamente o si rinuncia" esplicita bene il suo stile di mamma moglie. 

Dal cucinare al ricevere, dall’ amministrare all’ educare, dal pensare all’ agire, dal soffrire all’ impegnarsi,  tutto deve essere fatto con la massima dedizione. E così agisce questa donna che nasconde sotto l’apparente gentilezza una forza di carattere eccezionale.

È sufficiente assistere ad una sua celebrazione matrimoniale, ad un intervento consiliare, ad un confronto politico o ai suoi pennellati scritti sui social per tornare a credere nella politica.

 

Cristina è sta fotografata da Marco Goisis


DONATELLA

 

Sono nata a Treviglio nel 1958. A 17 anni fui investita, persi l’uso delle gambe. Ho provato una grande disperazione ma poi ho accettato questa situazione e non mi sono persa d’animo ... Anch’io come tutte le ragazze della mia età avevo un sogno nel cassetto: incontrare il mio  “Principe azzurro “ . 

Un giorno lo incontrai, non aveva cavallo nè mantello, non aveva un regno da condividere con me, ma aveva due grandi occhi azzurri che mi rapirono il cuore.  

Ci sposammo nel 1983  e vivemmo il nostro sogno d’amore. Eravamo felicissimi, ma nel 2011 se ne andò improvvisamente.

Mio marito era la mia forza, il mio sostegno, il mio uomo: divenne il mio angelo “azzurro”. 

 

Donatella è stata fotografata da Marco Celestina


MARIA GABRIELLA

 

Se dovessimo definire Maria Gabriella in due parole, diremmo che è una che non sta mai ferma. 

Laureata in lingue, ha insegnato in diversi Licei della nostra zona ed è stata formatrice ministeriale di didattica delle lingue straniere e di informatica in ambito didattico e universitario. Ha voluto fare un’esperienza di lavoro all’estero ed ha insegnato italiano per alcuni anni all’Università Nazionale di Mogadiscio portando con sé il figlio maggiore.

Importante il suo impegno in ambito politico e sociale, un impegno che non ha mai smesso di esistere, neppure quando nel 1993 le venne diagnosticato un carcinoma bilaterale delle mammelle. Come fa sempre, Maria Gabriella affrontò il primo intervento con molto ottimismo e con molta autoironia. Si presentò quel giorno in sala operatoria indossando una lingerie rossa molto sexy. L’intervento andò bene e Maria Gabriella partecipò ad un gruppo di lavoro per attivare un centro screening per il cancro alla mammella che prevedesse una mammografia per tutte le donne a partire dai 50 anni. Una vera sperimentazione per gli anni ’90. 

Al primo intervento ne seguirono altri due, affrontati con il solito immancabile coraggio, che terminarono con una mastectomia bilaterale totale.

Per nulla abbattuta da questi eventi, Maria Gabriella ha continuato nel proprio impegno, a coltivare i suoi numerosi hobbies e a dedicarsi alla famiglia. Dipinge con passione e così l’ha colta l’obbiettivo del fotografo. 

 

Maria Gabriella è stata fotografata da Beppe Maridati


GIACOMINA

 

Fin dall’età di sedici anni, Giacomina Paola, per gli amici Mina,  ha imparato diversi mestieri ed ha lavorato in diversi settori.  

In un periodo più recente e per oltre cinque anni, Giacomina ha lavorato in un’azienda tessile di confezioni capospalla donna. Era questo un lavoro che le piaceva moltissimo, ma nel 2011 all’età di 55 anni è stata licenziata a seguito di una ristrutturazione aziendale che doveva far fronte ad una crisi generale del settore tessile.

Inizia per Giacomina un periodo di criticità economica. Ella desiderava tornare a lavorare ma alla sua età era sempre più difficile reinserirsi nel lavoro. Dopo adeguate considerazioni,  e non senza qualche timore, Mina si è rimboccata le maniche e, valorizzando le proprie esperienze e competenze, ha aperto un laboratorio di sartoria in locale di proprietà.  L’abilità artigianale nell’eseguire le riparazioni dalle più semplici, alla rimessa a modello di abiti in genere e di cerimonia , ha portato l’attività a godere di una clientela vasta e per alcuni versi esclusiva. 

 

Mina è stata fotografata da Giovanni Roglio


GONARIA

 

Biondissima. Uno scricciolo di bambina. I primi passi.  All'età di 10 mesi, l'epidemia della poliomielite che fece strage nei piccoli corpi di bambini e bambine, colpì anche me. 

Seppur colpita agli arti superiori ed inferiori, con tanta caparbietà e voglia di vivere, sono riuscita a migliorare ed essere  autonoma in tutto per tutto. A Roma in un istituto per ragazze affette dalla polio, ho imparato a camminare con le stampelle ed ho completato gli studi acquisendo il diploma di Analista Chimico. 

A Firenze ho subito tre interventi per risolvere la scoliosi migliorando la postura schiena. Rientrata in Sardegna ho lavorato presso Comune, Tribunale e Provincia. Mi inserii in alcune associazioni come volontaria. 

Avendo una forte la passione del canto sono entrata a far parte del Coro Polifonico Ennio Porrino di Nuoro. Con la mia forza di volontà riuscivo a fare molti km a piedi per non mancare alle prove; ho partecipato a Concerti e Rassegne sia in Italia e che all'Estero. Oggi sono soprano nel Coro Icat.

 Negli anni '90, ho conosciuto mio marito e mi sono trasferita a Treviglio . Ho frequentato un corso di informatica con la speranza di avere un lavoro , mai ultimato per problemi di barriere architettoniche, ma non mi sono arresa entrando a far parte di varie Associazioni della zona. Volontaria all'Ospedale di Treviglio, ho lavorato sulla disabilità e l'abbattimento delle barriere architettoniche, sono entrata e attualmente presiedo il Comitato "Come Noi".

Credo che la vita sia un bene prezioso, da vivere in qualsiasi situazione anche grave è difficile dando ogni volta un giusto senso agli eventi che ci accadono e che sono una opportunità di crescita per se stessi e per gli altri. 

 

Gonaria è stata fotografata da Duilio Bellomo


IMMA

 

Sono Concetta e sono Avvocata. Dal 2013 combatto  contro il male e il dolore ma sono viva e questo basta a rendermi felice.

Ho deciso di stare dalla parte della giustizia  e di fare in modo che questa trionfi, perciò mi occupo di difendere le donne maltrattate e lavoro facendo parte della Casa delle Donne di Treviglio. 

Quando lo sconforto mi prende, perché ci sono giornate così anche per i combattenti, penso a chi non c’è più perché uccisa per mano di un amore e ai bambini che dovranno crescere senza la loro mamma, mentre io a quasi 50 anni sono fortunata ad averne una che mi sta vicino e mi da forza.  La vita nel sua percorso riserva tante sorprese, nel bene e nel male, ed ho imparato che è proprio da chi soffre che si può e si deve cogliere l’insegnamento positivo che ci riserva. 

So anche che ogni donna può esprimere il meglio di sé, senza riserve e condizionamenti perché si impara che può non esserci l’occasione per chiedere scusa, per dire la verità o per dimostrare affetto. 

CARPE DIEM quindi! E poi sorridere, gioire, dimostrare affetto…  Potrebbe non esserci più tempo per farlo e ricordare sempre che chi ride ruba alla morte!

 

Imma è stata fotografata da Gianni Testa


JENNIFER

 

Jennifer ha 44 anni, è sposata e madre di due figli ed è affetta da almeno undici anni, da sclerosi sistemica, una malattia del tessuto connettivo che può risultare fortemente degenerativa e sfociare in un processo invalidante che, progressivamente, può interessare diversi organi interni.

“Nel 2013, durante la prima gravidanza, afferma Jennifer, ho sviluppato la sindrome di Hellp. Si tratta di una malattia che colpisce le donne in gestazione e porta alla compromissione della funzionalità del fegato; ciò determina un peggioramento delle condizioni della madre ma anche del nascituro. Inutile dire che sia io che il bambino rischiammo la vita. Mi confermarono la diagnosi di sclerodermia sconsigliandomi un’altra gravidanza. Fu un dolore enorme, perché desideravo molto diventare madre un’altra volta”. 

Jennifer, due mesi dopo l’inizio di una vita scandita dai farmaci e Day hospital, scopre di essere nuovamente incinta. Non rinuncia al parto: tra mille paure e difficoltà, porta la gravidanza a buon fine. Il 24 giugno del 2014 nasce Aurora Isabel.

Un mese e mezzo dopo iniziano i problemi legati alla patologia ma sempre mostrando tutto il suo coraggio, Jennifer si sottopone a una terapia sperimentale consistente in un auto-trapianto di cellule staminali non invasivo. L’intervento funziona e, a parte qualche episodio di ulcere acrali, scompaiono gli episodi violenti. “Oggi, quando abbraccio i miei figli penso che li rifarei nascere altre mille volte, nonostante tutte le complicazioni dovute alla malattia, perché l’amore che provo per loro è più forte di questa ‘brutta bestia’ che è ancora dentro di me”.

 

Jennifer è stata fotografata da Victoria E. Herranz Moreno


LIA

 

Evento: notte del 19 novembre 2009 ore 2.00 svegliata perché stavo malissimo, mi sono messa seduta sul letto per capire cosa succedeva, girava tutto, non capivo più dov’ero, mi sono sentita cadere in un pozzo nero dove giravo, giravo in giù con un senso di nausea pazzesco. Urlai: “Giorgio muoio!” Una scossa di corrente elettrica partita dalla sommità del collo mi ha percorso tutta la colonna vertebrale come un fulmine, sentii gli anelli che la componevano uno per uno, questo per altre due volte. Mi sentii bloccata e in effetti dal quel momento rimasi paralizzata. Mi rivedo in quell’attimo, spaventata, rigida, con le braccia stese come fossi in croce, inerme, con gli occhi sbarrati e… mio marito che mi chiamava... ed io che non riuscivo a rispondere, mentre stavo combattendo per respirare, per cercare di stare un poco meglio…. Non racconto tutto. Racconto ciò che è rimasto, da quell’aneurisma che ha segnato la mia vita. Ogni tanto ho dei reset e devo combattere le emozioni che mi bloccano ... sento il sangue correre veloce in testa e mi sento come bloccata. Non è vero che si dimentica la malattia. Ancora oggi mi sento come un naufrago che deve nuotare per non annegare: questa è la mia battaglia per continuare ad esprimermi e superare quanto avviene dentro di me... una tensione che poi pago a livello fisico con una grande stanchezza. Però accetto tutto questo e ringrazio ogni giorno, ogni momento, di esserci, di provare il piacere di essere accanto ai miei e a tutti quelli che incontro. Lavoro, dirigo la mia azienda con soddisfazione. Sono capace di cogliere accanto a me tanto affetto, tanto amore.  Forse mi è stato dato un grande dono... da allora dimentico, in modo automatico, naturale, ogni screzio o fatto che mi ha colpito facendomi male.

 

Lia è stata fotografata da Enrico Appiani


ELEONORA

 

Per Eleonora l'alpinismo è passione, è desiderio di misurarsi con la montagna, è consapevolezza dei rischi, è amore per la vita all'aria aperta e rispetto per la natura.

Nel marzo 2015, mentre scala una cascata di ghiaccio inTrentino, un incidente le causa una lesione spinale con conseguente paralisi dal bacino in giù. Eleonora si trova così ad affrontare la sfida più difficile della sua vita.

Con la forza di carattere che la contraddistingue, con il desiderio di tornare a fare attività all'aperto, sostenuta dai familiari e dai numerosi amici, si impegna a superare il gravissimo trauma e con determinazione e coraggio decide che la vita può offrirle un’opportunità nuova, certamente diversa ma straordinaria: tornare a scalare, affrontare la montagna, salire sulla cima con la sola forza delle braccia.

Con i compagni Diego Pezzoli, Mauro Gibellini e Antonio Pozzi progetta la scalata di El Captain, nel Parco di Yosemite (USA) ed inizia così la preparazione atletica in palestra. Nell'ottobre 2018 sono pronti, volano negli USA e scelgono di scalare la parete est, sulla via verticale nota come Zodiac, una linea impegnativa per qualsiasi buon scalatore. Tre giorni in parete poi la discesa, resa molto pericolosa, da un forte improvviso diluvio.

Questa impresa richiama l'attenzione dei media. Eleonora affronta interviste, appare in televisione, tiene conferenze e riceve riconoscimenti per il coraggio dimostrato.

Nelle interviste e nelle conferenze mette sempre in risalto l'amicizia e la stretta collaborazione con i suoi compagni, grazie ai quali ha potuto e potrà scalare ancora. Non mancano mai il suo sorriso e la luminosità del suo sguardo.

 

Eleonora è stata fotografata da Andreina Pasini


MARIA LUISA

 

Sono nata in una famiglia di contadini, prima di 4 fratelli. Papà Carlo e mamma Tilde mi hanno insegnato l’importanza del lavoro e dell’onestà.

A 17 anni ho incontrato Fiorenzo e mi si è aperto un nuovo mondo. Ci siamo sposati e l’ho seguito a Caravaggio dove lui aveva aperto un’officina per auto. Io aiutavo mio marito occupandomi della parte contabile della nostra aziendina. Abbiamo avuto due figli, Ferruccio e, dieci anni dopo, Federica. 

Eravamo una famiglia felice e molto unita. Poi un giorno Fiorenzo deve fare una banale visita di controllo. Sembrava un problema risolvibile, a detta dei medici, ma non fu così: dopo tanti mesi di sofferenza Fiorenzo venne a mancare.

Non so se altre donne hanno provato quello che ho provato io. Senti come se si apre una voragine che ti inghiotte. Tu vorresti fuggire da tutto. Ma non puoi farlo perché hai due figli che contano su di te. Chiesi a Ferruccio che aveva sedici anni, se voleva provare con me ad andare avanti con l’attività del papà. Abbiamo provato e ce l’abbiamo fatta. Di questo devo dare merito a Ferruccio e a Federica e ringraziare Fiorenzo: abbiamo avuto una vita breve insieme ma mi ha lasciato un grande dono, i miei figli.

 

Maria Luisa è stata fotografata da Victoria E. Herranz Moreno


MARIA TERESA

 

La mia storia è come quella di tante donne, che hanno dato alla luce un ANGELO, etichettato dalla nostra società DIVERSAMENTE ABILE……

Avevo subito osservato che il rapporto con gli animali era fondamentale per mio figlio. Mi aiutava a curare i cani, a dar da mangiare ai gatti ed alle tartarughe, era affascinato dagli uccellini. Pertanto ho seguito la terapia con i cani e successivamente con i cavalli. Ho riscontrato una apertura, una relazione sottile, di intese  e complicità nascoste con l’animale, di empatia, che poi è diventato un gioco al quale poco per volta sono entrate altre persone.

Nel 2011 ho deciso, con altre 6 amiche, di creare l’ “Associazione Gloria”, per  gestire dei progetti mirati per i bambini diversamente abili che frequentano la scuola dell’obbligo di Caravaggio. Da alcuni anni, ci siamo orientate sulla acquaticità e sull’ippoterapia. I bambini sono felici di partecipare sia alle attività di Piscina che di Scuderia. Sono ideali per lo sviluppo delle autonomie, della conoscenza del proprio corpo, l’acquisizione di sicurezza e di autostima. Ormai sono 8 anni che gestisco l’Associazione Gloria unitamente alle 6 Amiche, ed abbiamo ricevuto grandi soddisfazioni nel vedere i bambini felici e soddisfatti dopo aver giocato in acqua o essere saliti su un cavallo, dopo averlo accudito, ed andare a fare una passeggiata all’aria aperta con i compagni…..

 

Maria Teresa è stata fotografata da Antonio Cozzi e da Roberta Tassi


MARILENA

 

Mi chiamo Marilena ho 53 anni, sono sposata ed ho due figlie meravigliose.  Da molti anni la signora SLA “Bruttabestia” cerca di mettermi al tappeto. Mi costringe a letto ogni giorno dal dopo pranzo fino al mattino successivo, spesso anche per svariati giorni senza farmene uscire tanto ha picchiato forte, ma dal mio angolino piano piano mi riprendo e, appena riesco, gliene restituisco qualcuna. La Sla mi ha tolto molto: uscire, andare in montagna, ballare, cantare, suonare il pianoforte, ovviamente niente più lavoro, poche telefonate con le figlie, ultimamente anche parlare è diventato difficoltoso e si frulla ciò che non si riesce più a deglutire. 

Casa mia è come la stazione Centrale di Milano, un va e vieni di amici, parenti, fisioterapista, dottori, e la mia cara amica che mi assiste la mattina per dare ore d'aria a mio marito, anche lui ha dovuto lasciare il lavoro per aiutarmi. Non importa, questa forma meno aggressiva rispetto alla classica SLA, mi ha lasciato ancora un po’ l'uso delle mani e qualche rara ora al giorno in carrozzina, quel tanto che basta per trasformare il mio tempo in piccoli lavoretti. 

Ecco, ciò che mi è rimasto è come un talento, non sfruttarlo sarebbe dare un schiaffo a chi non ha più né tempo né mani. Questi lavoretti me li comprano amici e parenti, tolte le spese, il ricavato va in beneficenza. Essere ancora un pochino utile è una gioia. 

 

Marilena è stata fotografata da Andreina Pasini


MARISA 

 

Ho 57 anni ma mi sono ammalata a 21 anni, dopo una delusione amorosa. Per sei mesi ho rifiutato di curarmi, finchè mia zia mi ha convinto ad andare ad un colloquio con uno psichiatra a Bergamo. Agli Ospedali riuniti mi hanno curato con farmaci e con la narcolessia. 

Successivamente, durante gli anni 80 e 90 ho manifestato frequenti crisi acute, o per cambi di stagione o per forti emozioni di gioia e dolore finchè nel 1999 venni sottoposta ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio. 

Fu un trauma che non potrò dimenticare: i vigili che mi prelevano da casa con mani e piedi legati, gli infermi che mi legano nel letto per evitare che potessi farmi del male. Dopo un siringone, ho dormito per 8 giorni e a tutt’oggi non ricordo dove ero, se mangiavo, se mi lavavo. Durante le mie crisi davo un significato assurdo ad ogni cosa, colori, vestiti, atteggiamenti, parole.

Io ero al centro e il mondo intorno a me girava trascinandomi in un vortice pazzesco. Poi avevo paura di tutto e di tutti. Questo stato d’animo durò per quattro o cinque anni, nel corso della terapia.

Ora tutto è passato. Dopo questa esperienza terribile, ho accettato di curarmi e piano piano sono tornata a vivere.

 

Marisa  è stata fotografata da Lino Beltrame


ORNELLA

 

Il mio utero, i miei ovuli 

sono stati estratti a forza:

insieme a loro 

se n'è andata la giovinezza,

"Stelle" e dolori.

I miei seni ora crescono 

come promontori

senza più latte.

Supero il dolore fisico

e morale aderendo alla vita, ma

mi sento sola e vorrei abbracciare

tutte le donne del mondo 

che vivono, come me ,

questa perdita.

Vado così, ancora troppo giovane 

verso l'inverno della vita.

Hanno amputato la mia pancia 

ed ora è una valle sterile,

bagnata di lacrime. 

Lì ora c'è una ferita evidente!

ll tessuto più fragile?

La mente, l'anima e il cuore,

eppure , eppure, lo vedi, 

ho imparato

di nuovo a sorridere.

 

Ornella è stata fotografata da  Vittorio Brambilla


PATRIZIA

 

Tredici anni tra "letto e cavalletto ", tre recidive e due trapianti di cellule staminali  (autogeno e allogenico). In tutto questo inferno, in questi anni di malattia, l'arte è stata la migliore terapia e la mia compagna.   

Dipingere mi ha aiutato ad affrontare ogni ostacolo con la forza di un guerriero e mi ha insegnato a guardare la realtà osservando ogni piccolo particolare con gli occhi di un bambino. 

Ho imparato a dipingere durante i miei ricoveri; ho dipinto dei fiori sulle finestre di ogni stanza del reparto dove ero ricoverata all'Istituto dei Tumori di Milano.  E col permesso del primario,  ho dipinto un fiore per ogni camera affinché ogni camera avesse il nome  di un fiore e potesse rallegrare i pazienti. E questa è stata la spinta che mi ha fatto poi dipingere a casa mia ed ho dipinto fino ad oggi. Dipingo inseguendo volti e sguardi, viaggiando con la mia  curiosità nei continenti del mondo.  Ho viaggiato attraverso i racconti di mio figlio Filippo, mescolando amore e passione. Ho immortalato con mia tavolozza  le foto di bravissimi fotografi che ho conosciuto in questi anni, fotografi come Angelo Merletti, Roberto Pazzi, Adriano Pagani e Andrea Scabini. Le loro fotografie mi hanno colpito per la loro profondità, intensità e forza. Dipingere è stato un vero viaggio dentro l 'anima di questi volti fino a studiare la loro storia, le loro tradizioni, le differenze e le sfumature delle varie etnie.

 

Patrizia Monzio Compagnoni è stata fotografata da Alessandro Frecchiami


SARA

 

Era il gennaio del 2015 quando decidemmo di avere il secondo figlio. Una cosa non semplice soffrendo di ovaio policistico. Contro ogni pronostico, nell’agosto del 2016 scopro di essere incinta. Felicissimi. Ma dentro di me brutti pensieri. Ciro nasce di venerdì 17, nel marzo del 2017. Un presagio. Una notte infinita, una giornata di doloroso travaglio indimenticabile. Mi riportano in camera distrutta. Senza aver visto Ciro.

L’alba del giorno dopo è ancora più dolorosa: “Signora – mi dice la pediatra – suo figlio ha dei problemi. Lo portano a Bergamo, ma non so se ci arriverà”. Le ansie, le paure, i presentimenti che si facevano realtà.

Mia nonna è morta quel giorno stesso. Ciro si è salvato. Voglio pensare che gli abbia ceduto il posto su questa terra. Nonostante fosse nato con la vena polmonare al posto dell’aorta.

E con tanti altri problemi: “Ciro non vedrà, Ciro non sentirà, molto probabilmente il nervo deviato non permetterà a Ciro di avere espressioni facciali, Ciro avrà un ritardo nella crescita e nello sviluppo che non sappiamo quantificare, il cuore è stato in parte sistemato ma resta un altro difetto. La forma dell’orecchio, il coloboma, la trasposizione dei grossi vasi, il nervo facciale deviato ci portano a credere che si tratti di Sindrome Charge”. Torniamo a casa con un macigno sul petto. Lo diciamo a Siria, che tanto aspettava il fratellino, all’oscuro di tutto fino alla certezza della diagnosi.

Ma le cose sono cambiate. Quando io sono cambiata. Non più pianti, urla, paure: basta! Se io starò bene lui starà bene con me. Un nuovo inizio, insieme. Oggi il suo sorriso è la forza della nostra vita. Non lo cambieremmo per nulla al mondo. Ciro è il nostro Super Ciro.

 

Sara è stata fotografata da Mario Andolfi


SONILA

 

Sono nata in Albania. Sono diventata donna, moglie, mamma, imprenditrice a Bergamo e questa città è anche casa mia. Avevo 19 anni la prima volta che andai in Città Alta. Dalle mura venete scoprii una vista meravigliosa e lì sognai e sperai che questa nuova città mi volesse un po’ di bene anche se non ero figlia sua.   

I primi anni lottai molto per integrarmi in una società che spesso si rivelava molto restia nell’accettare una giovane straniera. Il mio accento tipico albanese e i miei lineamenti erano il mio marchio di giovane donna dell’est associata ad un’immagine di immoralità che moltissimi media vendevano quotidianamente. I NO che ricevevo in quegli anni, per un tetto, un lavoro, un aiuto, erano davvero tanti! 

Una sera fui triste più del solito, avevo 23 anni e dopo una notte insonne, giurai che nessuno mai più mi avrebbe fatto sentire straniera in una città che avevo amato sin dal primo giorno. Da allora fui molto positiva. 

A 26 anni mi sposai con Olger, albanese anche lui e con un vissuto simile al mio. Pochi mesi dopo aprimmo una piccola impresa di pulizie che aveva 2 titolari e 2 operai: solo noi due. 

Insieme scoprimmo che affrontare i pregiudizi e i NO in due, era più facile. 

Per amore dei nostri figli cercammo di fare di più e meglio, per costruire una strada più sicura per il loro futuro. Così negli anni le imprese divennero 3, gli operai 30 e con loro aumentarono anche gli amici italiani che ci vollero bene, che credettero in noi, che ci aiutarono a diventare persone migliori ed imprenditori bravi.   Persone che fanno parte della nostra vita anche oggi e che sono, per noi, il vero volto di questo paese.

 

Sonila è stata fotografata da Marco Celestina


TOURIA

 

Touria ancora molto piccola è stata portata ad una festa in cui uno sconosciuto molto più vecchio di lei era diventato suo marito. Aveva solo 16 anni.

E’ arrivata in Italia nel 1994 incinta di 8 mesi, in breve è diventata madre di 5 figli che cresceva faticosamente e amorevolmente.  Ma il marito la picchiava, la umiliava continuamente e la teneva prigioniera. Fino al 2013, anno in cui la donna ha raccolto tutto il suo coraggio ed è fuggita con i suoi bambini. Chiese aiuto e venne collocata con i piccoli in un luogo protetto. Non trovandola, il marito ha dato fuoco alla loro casa. A quel punto Touria ha deciso di denunciare l’uomo, consapevole che avrebbe affrontato un percorso davvero difficile soprattutto per lei che viene da un paese dove i “diritti” delle donne sono ancora tutti da conquistare.

Oggi Touria ha ripreso in mano la propria vita, si è rimboccata le maniche, ha trovato un lavoro, delle amiche ma soprattutto “se stessa”. Ha iniziato a vivere e a respirare. Non è stato facile, lavorare e crescere da sola cinque figli piccoli; con essi ha provato la povertà assoluta, l’indigenza e la paura; ma è andata avanti, consapevole di aver fatto la scelta giusta per lei e per i suoi figli. 

Con gioia dedica il suo tempo libero alle donne, con il suo sorriso avvolgente e la forte empatia si occupa dell’accoglienza alla Casa delle Donne di Treviglio e spesso alle donne che incontra dice “C’è un momento nella vita in cui devi decidere: o sei la principessa che aspetta di essere salvata o la combattente che si salva da sola”. 

 

Touria è stata fotografata da  Angela Passoni